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“Se mi piace così, mi piacerà per sempre”

Paolo Crepet

CIVITA È ESPERIENZA DI VITA

… Ci sono arrivato la prima volta che iniziava l’inverno. Pioveva a scrosci e il ponte sotto i miei piedi ululava. Non c’era nessuno attorno a me. Non avevo mai visto un paese dove non ci fosse altro che pietra bagnata e rumore di vento. Il nastro di cemento finiva inghiottito da una foschia bassa, poi sopra alla nuvolaglia l’acropoli di tufo, maestosa, solenne. “Se mi piace così, mi piacerà per sempre” pensavo mentre arrancavo lungo la salita. All’ultima curva, come per magia, il vento s’era arreso alla mia tenacia, la pioggia lucida il basalto dei viottoli fino a farli sembrare d’argento e invitarmi a percorrerli senza timore. Le case, tozze e accomodate su grandi piedistalli di tufo come poltrone giallastre, mi aspettavano oltre l’arco dell’ingresso.

Se c’è una parola che si addice a questo borgo spostato verso il cielo è “dignità”. Dignità della storia che l’ha attraversata senza mai ferirla a morte, dignità della natura che l’ha scolpita ferendone i fianchi poderosi e risparmiando il merletto dei tetti incurvati dagli anni e del campanile, erto come lancia. Dignità del bello che non trascende mai in volgare opulenza, ma rimane nitido come l’ocra di questo ammasso di case quando l’alba le desta. Un paese che non è fatto di sfarzo e rifiuta ogni stupida velleità umana di abbellimento e perfino di conservazione.

Mi sono innamorato di Civita per i rumori sommessi dei passi, per la potenza del vento quando scende a scompigliare i castagneti in fondo alla valle per poi rialzarsi fresco e audace come l’inverno predilige.

La si capisce, Civita, quando è sera e le ombre ti accompagnano come gatti furtivi e sciolti. La si capisce quando la foschia riempie i piedi dei calanchi e la lascia sollevarsi appoggiata ad una nuvola. La si capisce quando, guardando a oriente, assomiglia alla prua di un transatlantico che s‘immerge tra vigne e uliveti solcando la storia e i sogni.

Civita è esperienza di vita: insegna che nulla di ciò che è buono e bello è facile, che bisogna guadagnarsi ogni passo, che ci sono momenti in cui sembra tutto crollare e poi ti accorgi che è solo frammento che s’allenta. Civita non è storia rivisitata, non parco museale, non vestigia restaurata alla moda, non passato ma futuro. Anche in questo insegna qualcosa ai suoi viandanti: il rispetto, ad esempio. Che dobbiamo non solo per ciò che abbiamo ereditato, ma che dobbiamo far vivere con la baldanza della creatività migliore. Civita è ciò che potremo vivere perché in molti vorrebbero scappare dai rumori, dall’arroganza, dalla maleducazione, dall’inciviltà e qui tutto si compone in un luogo dove si può pensare e progettare il futuro migliore, quello che non sa di resa o di regressione romantica. Aveva ragione Marguerite Yourcenar quando, a chi le domandava dove avrebbe voluto vivere tra i tanti e magnifici luoghi della sua esistenza, aveva risposto: a New York e a Civita di Bagnoregio….

Paolo Crepet

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Il fascino di un'antica residenza

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